‘Due dottrine in medicina esistevano presso gli antichi. Una Epidaurica, e l’altra Empirica. La prima veniva sotto la cura delle Pizie insegnata ai soli Eletti, la seconda lo era dai Sacerdoti minori ai soli Mortali Plebei; che l’immortale Vico distingue in parlari de’ Mortali, e parlari de’ fumi — ossia sacri ed arcani. I libri d’Ippocrate sono scritti in parlari Jeratici, ossia Teologici, quindi indiciferabili dagli attuali medici che appena sanno distinguere l'Alpha dall’Omega.’
Nell’incipit della presente opera, l’autore differenzia la medicina cosiddetta epidaurica che, nell’antichità veniva insegnata dalle Pizie agli Eletti, da quella empirica, trasmessa dai sacerdoti minori ai volghi. In virtù di tale distinzione, differenzia, quindi, gli Ippocrati, ovvero i guaritori ispirati dagli Dei, dagli Ipocrati, ovvero i medici laureati, i quali erano definiti Ciurmatori e Cantabanchi.
Tale incipit pone tutto ciò che tratterà in seguito riguardo al ‘morbo oscuro’ nell’alveo della tesi che sostiene in modo decisamente esplicito che la medicina ieratica è da considerarsi, in quanto espressione dell’azione divina, superiore alla medicina ufficiale, fondata sull’empiria, incapace di comprendere la lingua degli arcani.
‘Spente che furono le Pizie per opera di Costantino che alunnavano gli Adepti, e spente tutte le dottrine dei nostri Avi, ed oppressi da un piede di ferro di Evo Volgare, non rimasero altro che Empiriche conoscenze, per cui la medicina non più ha potuto ritornare al suo antico lustro divino Epidaurico, e si striscia nella melma dell’Empirismo Volgare Ciurmatorio.’
Segue che tale medicina non solo risulta incapace di curare poiché non può tenere conto delle effettive cause delle malattie, non comprendendole più come lingua degli Dei, ma che, addirittura, ‘la medicina che gli dispensa nella insipienza dell’arte Medica Epidaurica è più nociva alla vita umana che tutt’i morbi riuniti insieme’.
Parlando del ‘morbo oscuro’, che pare ispirarsi alla contemporanea epidemia di colera, più avanti dice che: ‘il Contagio anticamente era l’opera dei sedicenti Numi, e Maghi, ora ne conviene esaminare in Genealogia la sua essenzia, e prenderemo per nostro Duca, e Maestro il Filosofo divino Platone nel trattato del Timeo.’
Dunque, i morbi sono inviati dagli Dei ‘Con questa peste elaborata nei luoghi Tartarei, Apollo fulminò gl’Argivi. Con questa peste si frenavano le irruzioni de’Barbari dai nostri Avi Gentili; come proveremo.’
La cura di essi riguarda la purificazione delle anime, senza la quale nulla è possibile all’uomo.
L’appello è ai ‘Dotti del suolo Italiano. A voi indirizziamo le traduzioni di Aveteo, di Platone, e d’Ippocrate, e spetta a voi di trarne profitto, per sollevare l’egra umanità, che si attende da voi e non da altri il riscatto di quella sanità periclitante, che ne mantiene in angoscia.’ |