Il libro Dante e le scienze mediche di Liborio Giuffrè risulta ancora oggi, a distanza di quasi un secolo dalla sua prima pubblicazione (1924), insuperato, anzi, la materia trattata con grande perizia e cura risulta di una perenne attualità per ogni cultore operativo della conoscenza sacra, della quale Dante era certamente in possesso. La trattazione di Giuffrè non è limitata al tempo, perché riguarda la natura e la costituzione dell’uomo secondo la visione spirituale e religiosa che ne aveva Dante, perciò descrive qualcosa di immutabile e sempre valido nel tempo.
L’opera è unica nel suo genere, ed espone chiaramente quale sia il senso del corpo dell’uomo, delle sue parti anatomiche, quali sia la natura dell’anima, delle sue facoltà e delle sue operazioni e, specialmente, descrive le strette correlazioni che esistono fra l’anima e il corpo nell’uomo carnale. La spiegazione di queste correlazioni è funzionale all’opera di ascesi spirituale a cui Dante si è applicato nella sua vita e alla quale invita l’uomo.
La psicofisiologia unitaria esposta da Dante muove dalla situazione “infernale” dell’uomo, della quale si mostrano le particolari relazioni fra passioni, vizi e condizioni del corpo e viceversa, si passa alla situazione “purgatoria”, nella quale la purificazione dell’uomo dal peccato produce una relativa “purificazione” e un “riequilibrio” delle funzioni del corpo, fino a giungere alla situazione “paradisiaca”, nella quale, a fronte di una “divinizzazione” dell’anima, si ha una corrispondente trasfigurazione spiritualizzante della corporeità, la quale diviene essa stessa gloriosa come risultato finale dell’indiamento dell’anima.
Il libro di Giuffrè tratta della scienza medica sacra, che considera l’uomo nella sua interezza, nel suo senso religioso e nella sua destinazione escatologica, questa scienza è ormai scomparsa, per essere sostituita da una “scienza medica” che dell’uomo tratta solo il corpo dissacrato e spogliato del suo senso teofanico e della sua funzione religiosa. |