"Noi non abbiamo scritto quest'opera per gli ammali irragionevoli che hanno esteriormente la forma d'uomo; ma che nella loro immagine, in ispirito, sono delle bestie cattive e selvagge, la qual cosa si manifesta e si presenta nelle loro proprietà: ma per le immagini di uomini, per coloro che dall'immagine bestiale escono in un'immagine d'uomo, che appartengono al regno di Dio, e che vorrebbero sinceramente vivere e crescere nell'immagine dell'uomo, nel vero uomo, i quali sono spesso e fortemente trattenuti dalla vita opposta, e sono così posti in una via mista) e si tormentano per la generazione della vita santa, "
Così l'Autore presenta ai lettori questi suoi scritti, che Loius Claude de Saint-Martin tradusse in francese tra il 1794 ed il 1798 e che riveduti dal suo amico Gilbert, furono pubblicati dopo la sua morte nel 1807.
Il motivo per cui noi abbiamo tradotto questi testi dalla traduzione fatta dal Saint-Martin è che essi sono da considerarsi come facenti parte della sua Opera Omnia, e ciò per i molti aspetti che accomunano i due, in modo particolare per l'influenza esercitata su di lui dalla dottrina in essi espressa, e che lo portò a percorrere una via completamente diversa da quella praticata in gioventù. Tale via, esclusivamente interiore, doveva alfine permettere al divino dì manifestarsi come scindila nella sua interiorità; e i germi che quotidianamente si sviluppavano in lui erano il frutto della visione eristica del teosofo teutonico. Visione eristica, in grado di aprire a chi la sa cogliere, nuovi grandi orizzonti sui rapporti intercorrenti tra Dio, l'uomo e la natura.
Ovidio La Pera |