I Vangeli raccontano che un soldato romano – Longino, secondo la tradizione – conficcò la punta della sua lancia nel costato di Cristo in croce per accertarsi che fosse morto.
Da allora quella lancia è divenuta una delle più sacre reliquie di ogni tempo. E anche una delle più ambite: possederla, infatti, significava essere arbitri dei destini dell’umanità. L’aveva con sé Costantino quando iniziò la costruzione della nuova Roma. Carlo Magno la brandiva in battaglia e la teneva al suo fianco quando dormiva. Napoleone la pretese come bottino di guerra dopo Austerlitz.
Hitler la vide per la prima volta nel 1912. Il futuro cancelliere del Reich era ancora un giovane sfaccendato e la lancia era custodita in una preziosa teca dell’Hofburg, la residenza della famiglia imperiale austriaca. Molti anni dopo, il 14 marzo 1938 (vigilia di san Longino), a distanza di appena due giorni dall’annuncio dell’Anschluss, egli ordinò che venisse trasferita in Germania.
Dopo la sua morte, gli americani la riportarono a Vienna, ma subito si diffuse un sospetto: si trattava dell’originale o di un abile falso fabbricato dai nazisti in fuga verso l’Antartide, dove la vera lancia sarebbe stata recuperata al momento opportuno per annunciare la fondazione del Quarto Reich?
Alec Maclellan si muove abilmente tra storia e leggende, mito e tradizioni, religione e occultismo, intrecciando teorie spericolate, verità ingombranti, indizi suggestivi. L’obiettivo è dissipare la millenaria coltre di misteri che cela il segreto della «Lancia del Destino». |