Nel tracciare la storia dei destini incrociati dell'alchimia e delle arti del metallo, Eliade dimostra in questo saggio come antichi metallurghi e alchimisti s'incontrino almeno su un punto: la fede nel carattere vivo e sacro della Materia e nella possibilità di operare una sua "trasmutazione", supplendo con le Tecniche e il Lavoro l'opera del Tempo. Ma in questo senso, argomenta Eliade, l'alchimia ha dato al mondo moderno molto più di una chimica rudimentale: essa gli ha trasmesso appunto la fede nelle possibilità illimitate dell' "homo faber" e nel significato escatologico della sua azione. Cosicché, per un paradosso forse solo apparente, il più peculiare mito delle moderne società industriali, il dogma del dominio scientifico della Natura ai fini di una sua trasformazione in "energia", affonda le proprie radici in un mito squisitamente religioso: il sogno alchemico della preparazione sintetica dell'Oro, cioè, fuori di metafora, del perfezionamento e della redenzione della Natura nella sua interezza. |